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Verità sbagliate sul parto: sicurezza, cesareo, episio, epidurale e altro

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La dott.ssa Anita Regalia, ginecologa, per 10 anni responsabile di uno dei più prestigiosi reparti nascita del nord Italia, professore universitario e co-fondatrice dell'Associazione Iris, analizza alcuni dei più frequenti luoghi comuni sul parto raccontandoci quanto siano spesso più frutto di credenze infondate che di evidenze scientifiche.

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Alcuni luoghi comuni sul parto, riportati sui giornali, nei forum, (anche in una recente audizione di esperti in Parlamento denominata “Nascere sicuri”), pur essendo molto diffusi non corrispondono a verità....

LUOGHI COMUNI SBAGLIATI SUL PARTO

1. “Un parto è fisiologico solo a posteriori…”

Il fatto che in gravidanza e in travaglio sia opportuno che la donna si sottoponga a ripetuti controlli di salute, contrariamente a quanto facciamo normalmente nella nostra vita di tutti i giorni se stiamo bene, indirettamente ci fa dire che la gravidanza e il parto non sono solo un’espressione di benessere, ma possono anche essere fonte di eventi avversi improvvisamente emergenti.

Ma nei Paesi sviluppati la quota di travagli in cui è realmente presente una patologia è bassa (è difficile quantizzarne la prevalenza perché dipende dalla definizione stessa di patologia) e la quota di travagli in cui una patologia si manifesta improvvisamente in modo imprevedibile è eccezionale.

Ad es., in un’analisi di tutti i parti avvenuti all’ospedale di Monza nei 5 anni dal 1995 alla fine del 1999, suddivisi per fasce di rischio, si è riscontrato 1 caso che ha necessitato di cure intensive neonatali in modo imprevisto, su 6.932 travagli classificati a priori a basso rischio e gestiti dalle ostetriche in base a precise linee guida  (cioè lo 0,01%).

Non è quindi giustificato l’allarmismo che investe ugualmente tutte le nascite e che porta a sottoporre ogni donna ad una quantità e qualità di controlli utili solo nei casi patologici o a rischio. Non bisogna dimenticare infatti che una procedura che si è dimostrata utile nella patologia può produrre complicazioni nella fisiologia (cioè essere iatrogena).

Un modello assistenziale che differenzia le donne per fattori di rischio, e che non sottopone a procedure diagnostiche o terapeutiche donne senza fattori di rischio specifici, migliora gli esiti materni e neonatali, rafforza la percezione di benessere della donna, fa risparmiare la società, contrasta la cultura attuale nella quale, a fronte di un netto miglioramento degli indicatori di salute, si assiste ad una percezione soggettiva sempre più diffusa di malattia.


2. “ L’assistenza ostetrica in ospedale garantisce sempre migliori esiti materni e neonatali…”

A fronte della consapevolezza di come alcuni interventi abbiano sicuramente migliorato la salute della donna e del neonato nelle condizioni patologiche (l’utilizzo del trattamento attivo farmacologico nel 3° stadio, cioè durante l'espulsione, l’uso del surfattante nei prematuri, l’accesso rapido agli esami di laboratorio e all’uso degli emoderivati, alla sala operatoria …) spesso non vi è la stessa coscienza di come l’eccesso di medicalizzazione nei travagli fisiologici possa essere iatrogeno (cioè generare complicazioni ed emergenze).

3 esempi che mostrano come un intervento non necessario, generi uno stato di rischio durante il parto:

  • a) l’uso di routine dell’ossitocina (l'ormone sintetico per accelerare le contrazioni) in periodo espulsivo motivato dall'esigenza di ridurre i tempi del travaglio entro limiti arbitrariamente stabiliti, quando siamo in presenza di un benessere fetale (cioè segni che il bambino e la mamma stanno bene, nonostante il travaglio si prolunghi), aumenta l’incidenza di comparsa di alterazioni del battito cardiaco fetale cioè del bambino), che comportano un aumentato ricorso al parto operativo vaginale o al taglio cesareo;
  • b) l’uso liberale/routinario dell’episiotomia (il taglio di vulva e vagina durante il parto) nell’intento di ridurre i traumi del perineo (cioè della zona genitale) e favorire il benessere neonatale alla nascita non è supportato dalle evidenze della letteratura, che raccomandano invece un uso restrittivo della stessa episiotomia. 
    L’uso restrittivo (episiotomia effettuata solo in presenza di alterazioni patologiche del battito del bambino o segnali di grave lacerazione, non di moderata lacerazione) aumenta la probabilità di avere il perineo intatto (30% vs 10%), aumenta la probabilità di avere solo una lacerazione di 1° grado, cioè non grave, (39% vs 13%), riduce la perdita ematica (cioè di sangue) post-partum, favorisce una più rapida e soddisfacente ripresa dei rapporti sessuali;
  • c) l’uso di routine di un’assistenza attiva da parte dell’ostetrica per favorire il disimpegno delle spalle, immediatamente dopo che è avvenuta l’espulsione della testa, senza aspettare la restituzione e la rotazione spontanea delle spalle, aumenta la probabilità di determinare una frattura di clavicola sul neonato (2% vs 0.3%) e favorisce la comparsa di distocia di spalle (3% vs 0.2%). La restituzione e rotazione spontanea avviene nella maggioranza dei casi (80%) dopo la prima contrazione e a una distanza media di 90 secondi.

 

3. “ L’assistenza ostetrica in ospedale è più sicura rispetto al domicilio o alle case di maternità…”

Sebbene in Italia la richiesta di parto a domicilio sia una richiesta di nicchia e le Case di Maternità non siano una realtà organizzativa assistenziale in espansione, esiste una notevole diffidenza da parte di tutti gli operatori ospedalieri sulla sicurezza di queste scelte per la salute della donna e del neonato e una dissuasione attiva nei confronti delle donne orientate a questa scelta.

Allo stato attuale delle conoscenze non esistono studi validi conclusivi su tema, ma la lunga esperienza olandese (dove ancora oggi il 25% delle donne partorisce a domicilio) e più studi clinici osservazionali hanno evidenziato come madre e feto accuratamente selezionati per una nascita a domicilio o in Unità ostetriche di fisiologia fuori dall’ospedale, assistiti da ostetriche esperte, hanno una probabilità inferiore, rispetto ad una donna ugualmente a basso rischio che partorisce in ospedale, di essere sottoposte ad interventi ostetrici senza svantaggi per la salute del neonato e della madre.

Più recentemente, il Royal College of Obstetricians and Gynaecologists e il Royal College of Midwives, nel Regno Unito, in un documento congiunto (aprile 2007) concludono che non vi sono motivazioni per non offrire la possibilità di un parto a domicilio alle donne a basso rischio di complicazioni, visto il favorevole rapporto benefici/rischi di questo intervento. Il documento valuta che le prove disponibili dimostrino la sicurezza della opzione domiciliare per molte donne selezionate, non solo in termini di sicurezza fisica, ma anche per quegli elementi che riguardano il benessere emozionale e psichico.

In Italia il pregiudizio contro il parto extra-ospedaliero, la non abitudine di distinguere le fasce di rischio e la convinzione che il taglio cesareo sia una modalità di nascita sicura, fa sì che non vi sia la stessa diffidenza e dissuasione nei confronti di donne, verosimilmente sane e a termine di gravidanza, che scelgono di partorire in piccole realtà ospedaliere pubbliche e private con meno di 400 parti. I dati nazionali da tempo rilevano come in queste realtà il tasso di tagli cesarei è nettamente superiore rispetto a quello di ospedali con un numero di parti superiore a 2500, nei quali verosimilmente si concentra la patologia sia materna (60% vs 30%). Dunque: si dissuadono le donne sane dal partorire in casa perché si dice che è più pericoloso, mentre non ci sono dati che sostengono questa pericolosità, piuttosto ci sono dati che dicono che gli ospedali con pochi parti sono più pericolosi degli ospedali con molti parti, ma di questo non si parla...

 

4.“L’analgesia peridurale fa bene al feto…”

L’analgesia peridurale ha degli effetti benefici sulla salute materna in alcune condizioni ostetriche quali la presenza di ipertensione/preeclampsia, discinesia/tachisistolia uterina, necessità d’utilizzo precoce di ossitocina (per induzione o accelerazione del travaglio). In queste condizioni anche il feto ha benefici dalla procedura analgesica per il miglioramento della circolazione placentare da vasodilatazione, riduzione dell’increzione delle catecolamine con conseguente miglioramento dell’ossigenazione fetale e riduzione di acidosi metabolica alla nascita.

Ma, poiché ogni atto medico, se efficace, ha anche effetti collaterali, il fatto che la procedura migliori l’esito neonatale in condizioni ostetriche patologiche non corrisponde all’affermare che sia vantaggiosa anche nelle situazioni normali. Equivarrebbe a dire che, poichè il monitoraggio elettronico continuo in travaglio si è rivelato utile nelle stesse condizioni ostetriche sopra riportate, è utile anche nel travaglio fisiologico. Questa affermazione è stata ampiamente smentita dagli studi clinici controllati effettuati su tema, che hanno riportato invece un aumento ingiustificato di parti operativi vaginali e taglio cesareo nel gruppo di travagli fisiologici sottoposti a monitoraggio elettronico continuo, senza benefici per il neonato.

Allo stato attuale delle conoscenze non possiamo quantizzare l’effetto sui neonati dell’uso dell’analgesia peridurale in un travaglio fisiologico, nel quale l’indicazione all’analgesia è “la richiesta materna”, poiché mancano studi clinici controllati al riguardo, ma non si può affermare tout court che faccia bene a tutti i neonati.


5. “In Italia c’è un’alta percentuale di tagli cesarei, ma gli esiti neonatali sono i migliori d’Europa…”

Il valore medio nazionale di taglio cesareo nel 2008 è stato pari a 38,4%, molto superiore agli standard europei (media Europea: 24%). C’è una marcata variabilità geografica: dal 23% in Trentino Alto Adige e in Friuli Venezia Giulia al 53% in Sicilia e 62% in Campania.
L’eccesso di TC non è associato a miglioramenti significativi degli esiti perinatali: nelle regioni del Sud, dove maggiore è il ricorso al TC, la mortalità perinatale è più alta.
La mortalità perinatale nazionale è del 5.3 per mille. In Trentino Alto Adige del 5.4 per mille, in Friuli Venezia Giulia del 4.3 per mille. In Campania del 6 per mille, in Sicilia del 7.1 per mille.
La mortalità neonatale nazionale è del 1.7 per mille. Al Nord del 1.24 per mille, al Sud del 2 per mille.

In un articolo pubblicato su Lancet nel 2010 la mortalità materna italiana è stata considerata la mortalità più bassa del mondo (3 per centomila nati). E’ stata ipotizzata un’associazione tra basso tasso di mortalità materna e alto ricorso al taglio cesareo.
Uno studio, pubblicato nel 2011, condotto dall’Istituto Superiore di Sanità su 8 regioni campione, ha dimostrato invece che in realtà la mortalità materna nel nostro Paese è 11.8 per centomila nati, dato nella media dei Paesi Europei della UE. La sottostima di Lancet dipende dal fatto che i certificati di morte da soli (fonte ISTAT) non sono in grado di rilevare il fenomeno in modo appropriato, ma che per fare una stima attendibile devono essere valutate anche le schede di dimissione ospedaliere (SDO).


6. “Il taglio cesareo elettivo è più sicuro del parto naturale…”

La mortalità materna nelle donne sottoposte a taglio cesareo elettivo è circa 4 volte superiore rispetto a quella delle donne che partoriscono per via vaginale. Le cause principali di morte associata a taglio cesareo sono: emorragia, sepsi, embolia polmonare, problemi anestesiologici.

La morbosità (problemi di salute) materna dopo taglio cesareo elettivo è globalmente circa 8 volte superiore rispetto alle donne che partoriscono per via vaginale. Le cause principali sono endometrite, anemia severa da perdita ematica post-partum, infezioni delle vie urinarie, tromboembolia.

La morbosità (patologia) respiratoria neonatale (RDS) dopo un taglio cesareo elettivo è 4 volte superiore rispetto al parto vaginale se il cesareo viene effettuato a 37 settimane, 3 volte a 38, 2 volte a 39 settimane.


7. “L’aumento di morte materna per taglio cesareo è un problema dei Paesi in via di sviluppo…”

I dati sopra riferiti sull’aumento di mortalità materna dopo taglio cesareo elettivo si riferiscono ai Paesi sviluppati. La mortalità materna nei Paesi in via di sviluppo è nettamente superiore rispetto a quella nei Paesi sviluppati in particolare per l’alta incidenza di HIV, malaria, malnutrizione (400 per centomila nati vivi, versus il 10-20 per centomila nei Paesi sviluppati) e l’effetto del taglio cesareo non è studiato. Le cause ostetriche principali riportate di morte materna sono l’emorragia, le infezioni, la pre-eclampsia, pratiche insicure di aborto, complicanze del travaglio.


8. “Conviene fare un taglio cesareo perché protegge da problemi del pavimento pelvico…”

Dopo un taglio cesareo i problemi di incontinenza urinaria sono inferiori rispetto a un parto vaginale, ma non sono del tutto assenti. Sembra quindi che la gravidanza stessa costituisca un fattore di rischio di incontinenza.

Dopo taglio cesareo la donna patisce incontinenza urinaria nel 4.5% dei casi versus il 7.3% delle donne dopo parto vaginale, la comparsa di incontinenza urinaria in gravidanza raddoppia la probabilità di incontinenza urinaria a tre mesi dal parto indipendentemente dalla modalità del parto, la differenza di prevalenza di prolasso utero-vaginale in base alle due modalità di parto non è attualmente quantizzata in modo attendibile.

a cura di Anita Regalia (ottobre 2011)

Ginecologa, già responsabile della Sala Parto presso la Clinica Ostetrico Ginecologica dell’Ospedale S. Gerardo di Monza, Università degli Studi di Milano-Bicocca, professore a contratto nel corso di laurea in Ostetricia e nella Scuola di specializzazione in Ginecologia e Ostetricia della stessa Università. Tra le socie fondatrici di iris (Istituto ricerca intervento salute).
Riceve privatamente a Monza: 0393 86644

 

Per la bibliografia su quanto riportato consultare i siti www.saperidoc.it, www.snlg-iss.it , www.nice.org.uk, www.icsi.org, www.rcog.org.uk
Donati S. et al. Maternal mortality in Italy: a record-linkage study. BJOG 2011; DOI:10.1111/j.1471-0528.2011.02916.x.

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