Nasce Irene: parto in casa raccontato da un papà

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Un papà racconta il parto in casa di sua figlia, l'impazienza, l'emozione, le lacrime. Un momento che rimarrà scolpito nei ricordi e un'immagine, quella di sua figlia che nasce, che non sarà mai descrivibile con le parole.
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Quando scoprimmo che sarebbe arrivato un bambino, io e Barbara fummo subito molto felici, ma quando Barbara mi disse che avrebbe voluto partorire in casa la mia prima reazione non fu molto positiva.

Come la maggior parte delle persone anch’io pensai subito che fosse pericoloso e che avremmo potuto trovarci in difficoltà nel caso si verificasse un imprevisto.

Barbara era determinata (come suo solito).

Conoscendo le ostetriche, partecipando al corso preparto e leggendo qualche pagina del libro la sera, pian piano entrai anch’io nell’idea e vedendo anche come procedeva la gravidanza e la salute di ferro di Barbara, me ne convinsi del tutto arrivando addirittura a pensare come fosse assurdo partorire in ospedale.
Più passava il tempo e più ero impaziente.

Arrivati alla 38° settimana raggiunsi il culmine. La mia paura era dovuta al fatto che se fosse arrivato il termine ultimo avremmo dovuto iniziare una serie di controlli e visite che avrebbero rovinato la tranquilla atmosfera che si era fino allora creata. Ma…

Il sabato qualcosa successe. Il mattino Barbara notò una perdita abbondante ed io subito mi allertai. Quando però la perdita si arrestò provai una certa delusione. Il pomeriggio decidemmo, vista la bella giornata, di fare due passi. Così c’incamminammo nei campi circostanti casa nostra chiacchierando del più e del meno, poi pian piano tornammo a casa poiché dovevo cominciare a preparare la cena perché, oltretutto, avevamo ospiti.
Arrivati a casa io mi misi ai fornelli e Barbara si adagiò sul divano a riposarsi. Dopo circa un’ora si svegliò e la vidi scappare in bagno mentre diceva di sentire venir giù un sacco di perdite…DANGER… mollai i fornelli e andai ad accertarmi cosa stesse succedendo.
Constatammo entrambi la perdita del tappo mucoso.

Suggerii subito a Barbara di annullare la cena ma, giustamente, lei mi disse che sarebbe stato meglio passare la serata in compagnia, così da non andare in ansia prima del dovuto, tanto ci sarebbero volute altre ore prima dell’inizio del travaglio vero e proprio.
Così facemmo. Gli ospiti arrivarono, mangiammo assieme allegramente,  cantammo suonando con la chitarra fino a tarda sera.

Verso mezzanotte eravamo di nuovo da soli e, dopo aver sistemato tutto, ci mettemmo a letto anche noi. Ore 1:30 circa.
Verso le 2:00 mi accorgo che Barbara, che teneva la testa appoggiata al mio petto, cominciava a respirare affannosamente senza aggiungere parola. Le domandai se avesse avuto una contrazione dolorosa e lei rispose SI.

Da quel momento il tempo cominciò a volare. Io cronometravo la durata di ogni contrazione e ogni quanto si presentavano. Erano le 4:00 circa quando, avendo visto che erano divenute regolari e di circa 40/50 secondi l’una, decidemmo di chiamare l'ostetrica R.
R. si rese conto della situazione al telefono e dopo un’ora era lì. Io, nel frattempo, facevo tutto ciò che era possibile per alleviare le sofferenze della mia compagna, la quale alternava momenti di intenso dolore a momenti di breve relax, addirittura si accorse che fuori il nostro balconcino era illuminato da una luna meravigliosa.

Quando R. arrivò la prima cosa che mi chiese fu se “ero tranquillo” e, nel frattempo, Barbara si era messa nella vasca con acqua calda, per reggere meglio il dolore delle contrazioni. R. la fece uscire e la visitò.
SI!!! Era già dilatata 5 cm.
Disse a me di continuare ad occuparmi di Barbara così come avevo fatto fino a quel momento che andava benissimo mentre lei cominciò ad organizzarsi.

In poco tempo tutto era perfettamente predisposto. Irene poteva nascere.
Verso le 7:00 del mattino di domenica arrivò S., la seconda ostetrica,  andai a prenderla in strada perché non conoscendo la via si era smarrita.
Quando arrivammo a casa sentimmo che Barbara stava cominciando a spingere.
Mi precipitai su in camera. Ad un certo punto R. mi fece notare che si intravedeva la testa. Un po’ per l’emozione, un po’ perché tutto sembrava fuorchè una testa, io non riuscii a riconoscerla.
Qualche contrazione dopo la fronte era fuori e non tornò più dentro. A quel punto R. mi disse che se fossimo stati in ospedale molto probabilmente avrebbero tagliato la vulva per facilitare l’uscita invece aspettammo pazientemente i tempi di Barbara e Irene. La contrazione successiva venne fuori il visino della piccola e poco dopo le spalle e, alle 7:30,  mentre le campane suonavano, Irene era fuori.

Non dimenticherò mai lo sguardo di Barbara quando la vide, gliela misero vicino, facendola passare tra le sue gambe. Volevo piangere ma cercai di trattenermi.
R. e S. sistemarono la bimba e Barbara, cambiarono le lenzuola, rifecero il letto, misero in un sacco la roba da lavare ed in un altro quelle da buttare. Addirittura preparano anche un caffè e del the.

Solo dopo che R. e S furono andate via e dopo aver sistemato le ultime cose, trovai il tempo di mettermi a bagno per un po’ e scoppiai a piangere per 45 minuti di fila.

Da questa esperienza ho imparato che il parto e un’avvenimento naturale e meraviglioso e che meno si interferisce con il naturale svolgimento delle cose e meglio è.
Ciò è stato possibile perché tutti i fattori erano favorevoli, non c’è dubbio, fino all’ultimo si sarebbe potuto verificare un’imprevisto e ci saremmo trovati in ospedale, ma se non vi sono condizioni critiche, se nel corso della gravidanza tutto procede bene, non c’è cosa più bella che assistere alla nascita del proprio bimbo e restare assieme alla propria compagna sin dal primo momento.

di Walter Cologna

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